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5 settembre alle ore 18.00, inaugurazine della mostra "Ascolta è ora...", esposizione dedicata all'approfondimento del mondo delle campane

Una realtà poco nota ma di significativa importanza fino al XIX secolo  in tutto l’Alto Adige, è quella dell’arte del fondere cam­pane, tradizione confermata archeologi­camente da ritrovamenti delle cosiddette fosse di fusione e arrivata fino a noi con bronzi che attestano l’eccellenza raggiunta da alcuni maestri fonditori attivi nella provincia di Bolzano e oltre.

Proprio l’inaspettata sco­perta dei resti del castello Stetteneck nel 2000 sulla collina di Pincan in Val d’Anna, ha portato a rinvenire importanti tracce a testimonianza del periodo medioevale in Val Gardena. Sarebbe infatti appartenuta al castello anche la piccola campana di bron­zo ora collocata all’interno della Cappella dei caduti della prima guerra mondiale a Ortisei, il cosiddetto “Cusè da Sacun”. La campana, stretta e slanciata secondo la tipologia in uso tra l’XI e il XIV secolo, è databile intorno al 1300 ed è da molti ritenuta la più antica dell’Alto Adige. La leg­genda narra che la campana fosse rovinata insieme al castello Stetteneck nei prati di Pincan dove sarebbe stata poi miracolosamente recuperata da un toro e portata nella chiesa di San Giacomo, poco sopra Ortisei. Così, almeno, narra la leg­genda! Pur nelle traversie subite essa conserva ancora sul bordo la firma del maestro fonditore, Magister Manfredinus, che ha permesso al museo ladino di avviare una ricerca sul campanaro e sui manufatti usci­ti dalla sua fonderia e allestire una mostra sull’affascinante mondo delle campane e dei loro suoni.

Il percorso espositivo scelto riper­corre la storia delle campane, tra fortune e contraccolpi, dalle remote origini nella Cina di cinque millenni fa ad oggi. Il visitatore potrà quindi addentrarsi nel complesso e sugge­stivo processo di produzione delle campane conoscendo materiali, gesti ed espedienti tecnici spesso rimasti pressoché invariati nel tem­po. Grazie ad alcuni esemplari gen­tilmente messi a disposizione della fonderia “Grassmayr” di Innsbruck, il visitatore sperimenterà l’affascinan­te mondo dei suoni che potrà ascol­tare, ma anche vedere e addirittura percepire “fisicamente” grazie ad una campana rovesciata e riempi­ta d’acqua!

Si potrà scoprire che l’area altoa­tesina, insieme alla regione del Tirolo ma anche del Bellunese, è caratterizzata da un parti­colare modo di suonare le campane o “sistema di suono”, che consiste nel limitare il suono nella sua fase di massima intensità, e che si è andato definendo nei secoli grazie all’origina­le inventiva dei suonatori di campane. Spesso si tratta di tradizioni locali che hanno una ben precisa diffusio­ne territoriale e che contribuiscono in modo significativo a caratterizzare il paesaggio da un punto di vista acustico. Percorrendo le sale del museo si scoprirà che in alcune località delle valli ladine si usa ancora oggi sostituire tra il Giovedì Santo e la notte del Sabato Santo i sacri bronzi con singolari strumenti lignei come “la cracia” (= raganella) e “la terlaca” – tradizione di remote origini oggi pressoché scomparsa (tale tradizione è attestata non solo qui da noi ma un po’ in tutt’Italia e anche nei paesi tedeschi; purtroppo non dispongo di dati precisi circa la reale distribuzione spaziale e la eventuale sopravvivenza dell’uso di questi strumenti).

La seconda sezione della mostra si concentra sui risultati della ricerca sulla campana di Manfredino. La firma dell’abile “campanarius” ha permesso di individuare almeno dieci esemplari usciti con certezza dalla sua fonderia di Venezia, di cui sei sono giunti pressoché intatti a noi. I bronzi risalgono tutti alla prima metà del XIV secolo e sono localizzati in un’area vastissima, compresa tra l’Alto Adige, il Veneto, l’Istria e addirittura la Puglia. Le analisi del suono, affidate alla fonderia Grassmayr, permetteranno importanti considerazioni sulla conoscenza da parte di Manfredino delle leggi che regolano l’intimo rapporto tra la forma e il suono emesso dalle campane. Gli esemplari esposti e il suggestivo ritratto della figura di Manfredino il “campanarius”, inseriti nell’incantevole contesto di Ciastel de Tor, mostrano nella loro bellezza le lontane radici dell’arte difficile e affascinante del fondere campane e aprono una finestra sul passato delle valli ladine. Dalla Val Badia le campane suonano a festa: ascoltate, è ora di una visita!