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20 aprile alle ore 18.00 inaugurazione della mostra di Egon Moroder Rusina

"Samsara - Niflheim" "Die gelbe Leere" (Il vuoto giallo)

"Samsara Niflheim"
"Samsara Niflheim"

Programma:

Parole di saluto

› Dott. Bruno Hosp, Presidente dei Musei provinciali altoatesini

› Dott. Florian Mussner, Assessore alla Cultura Ladina

› Dott. Rudi Gamper, Ex- Coordinatore Responsabile di RAI-Sender Bozen

› Introduzione della storica dell’arte dott.ssa Margit Strobl

› Saluto dell’artista Egon Moroder Rusina

› Accompagnamento musicale: Patrizia Rifesser, Judith Piccolruaz

“Samsara – Niflheim” (Combinazione di colori n. 1)

Il termine “Samsara” discende dall’antica filosofia indiana e indica la “trasmigrazione dell’anima”. Il peregrinare dell’anima da un essere all’altro. Citando Yagnavalkya (figura mitica dei bramini) “[...] così anche quest’anima, dopo aver abbandonato il corpo e lasciato l’ignoranza, dà vita ad una forma diversa, più bella [...]”. La parola tedesca “Seele” (anima) discende dall’antico alto tedesco “Sela”, che significa “dal lago”, il luogo che accoglie le anime prima della loro nascita. Secondo gli antichi popoli germanici le anime dei nascituri e dei defunti abitavano appunto i laghi. Luogo del silenzio, grazie al quale gli esseri viventi sono in grado di percepire lo spazio infinito e lo spirito primigenio senza forma. Nello spazio vuoto e infinito, l’anima vaga come un raggio di luce nell’oscurità, verso il proprio motore immobile, eterno e senza forma. Nella mia ricerca sul colore, la mia attenzione si focalizza non tanto sull’una o l’altra creatura del processo di reincarnazione, quanto sullo spazio vuoto, all’interno del quale avviene la trasmigrazione dell’anima. In poche parole, il “nulla”. Una stazione ferroviaria. L’attesa in una stazione ferroviaria: il pensiero ci trasporta dal mondo noto ad un mondo sconosciuto. La stazione stessa, nonostante il suo essere variopinto, vivace e virtuale, è niente: è il “nulla”. Ho la sensazione di trovarmi in attesa alla stazione. Tutto quanto è oggettività mi infastidisce. Vorrei persino sfumare la luce. Non mi interessa l’anima eterna, non il paradiso né l’inferno. Quale sarebbe allora il vantaggio? Il “nulla”. Perché dovrebbero esserci un altro mondo, un’altra esistenza e un’altra vita dopo la morte?Tutto si riduce ad un gioco di apparenze. Si può afferrare il “nulla” solo se ci si immedesima e immerge in esso. E il “nulla” si può percepire soltanto tramite il “silenzio”. Oggi gli uomini sono legati al mondo della forma e del superfluo; quanto più ci aggrappiamo al mondo della forma, tanto meno siamo in grado di comprendere il significato del silenzio. Il mondo della forma è troppo fragoroso per consentirci di sentire il silenzio interiore. Silenzio fuori, silenzio dentro; solo così saremo nel “nulla” assoluto. Silenzio e spazio coincidono, e sono l’infinito e creativo utero del tutto. Nella mitologia norrena, il “Niflheim” (Terra delle Nebbie) è il regno degli inferi, avviluppato dalle nebbie, che accoglie i defunti. La dimora delle anime. Un’altra rappresentazione del “nulla” che ritorna. Un nulla che è visibile e riconoscibile. Tutto si dissolve nella nebbia; la realtà non esiste. Nessun corpo, nessun rumore, nessun mondo superiore, nessun mondo inferiore. Ogni figura svanisce nella scura penombra bluastra dell’essere e rimane soltanto “verità”. Forse neanche quella. C’è tuttavia una sola verità: non esiste verità. Da questa riflessione, nasce la domanda fondamentale sui miei quadri: sono veri o illusione?“Die gelbe Leere”

“il vuoto giallo”

 

Se nell’antico mito greco della creazione, il concetto di “Caos” indica lo spazio vuoto infinito e la materia primigenia informe, allora potrei immaginare un colore primigenio e informe da poter associare allo spazio vuoto infinito. La mia sensazione è che tale colore sia il giallo. Giallo, né rossiccio né verdastro. Non un giallo limone, non un giallo oro. Un colore neutro. Né caldo né freddo. Nessun dolore, nessun piacere, niente amore né odio. Solo luminoso, trasparente e immateriale: nulla. Altri colori fondamentali, come il rosso e il blu, producono sensazioni e ricordi nella nostra percezione sensoria (Sangue-Terra, Cielo-Mare). Riproducono oggetti nello spazio vuoto; per questo motivo, il rosso e il blu sono colori che danno sostanza. Ci trasmettono l’illusione degli oggetti e non l’essenza dello spazio. Tessono la loro trama per ingannarci. Utilizzano persino il giallo puro per comporre lo spettro cromatico; è così che nasce l’opera d’arte che inganna. L’effetto illusorio dell’opera d’arte, che lascia vedere solo la rappresentazione come realtà. Il giallo, il colore primigenio, rappresenta quindi nella mia percezione soggettiva la quintessenza del vuoto.Ma il giallo, se miscelato con altre tonalità di colore, diventa rossiccio (caldo) o verdastro (freddo), acquista oggettività, perdendo l’essenza della materia primigenia informe, quindi delvuoto. Purtroppo, nella mia ultima performance cromatica del ciclo “Il vuoto giallo”, si nota quell’evoluzione del colore appena descritta, in senso decadente, e il concetto del “nulla” si perde. Sono ancora schiavo del piacere pittorico fisico, che in una continua sfida si oppone alla mia percezione spirituale. Percepisco “Il vuoto giallo”, ma il mio corpo e la mia ragione lo accettano non senza resistenza, contrastandolo. Ne derivano compromessi e la percezione del “nulla” (arte) svanisce. Non si possono produrre lavori accademici sul “nulla” e neanche dipingere quadri. Non ci si deve porre domande su ciò che non si manifesta. La ragione cerca di comprendere il “nulla”; ma non appena ci si accinge, lo perde. Il “nulla” o il “vuoto” si possono solo percepire. Tutti consideriamo gli oggetti nello spazio, ma chi tiene conto dello spazio in sé? Anche la materia solida è fatta quasi al cento per cento di spazio vuoto. I buddisti lo affermano da 2500 anni: “L’essenza di ogni cosa è il vuoto”. Io percepisco il vuoto come giallo. Quindi: “Il giallo è il vuoto e il vuoto è giallo”. Ma quando nei miei lavori cerco di afferrare il giallo intangibile, distruggo al tempo stesso la mia percezione del vuoto, il mio rapportarmi con il “nulla”. Ma allora tutto il mio lavoro non ha alcun senso? Può darsi. Ma se è vero che è possibile percepire lo spazio vuoto solo grazie alla presenza degli oggetti che in esso si trovano, allo stesso modo io ho bisogno del giallo per riconoscere ciò che non si manifesta. Citando Budda: “Senza illusioni non ci sarebbe nemmeno l’illuminazione”.

 Testi: Egon Moroder Rusina

Traduzione: dott. ssa Rossella Martini e dott. Tiziano Rosani